giovedì, maggio 22, 2008

Un mito

Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
ma nella fantasia ho l'immagine sua:
gli eroi sono tutti giovani e belli.

Conosco invece l'epoca dei fatti, qual era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere.
I tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti:
sembrava il treno anch'esso un mito di progresso,
lanciato sopra i continenti.

E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano,
che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano:
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo,
la stessa forza della dinamite.

Ma un'altra grande forza spiegava allora le sue ali:
parole che dicevano "gli uomini sono tutti uguali",
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba proletaria, e illuminava l'aria
la fiaccola dell'anarchia.


Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione:
un treno di lusso, lontana destinazione.
Vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori,
pensava al magro giorno della sua gente attorno,
pensava un treno pieno di signori.

Non so che cosa accadde, perché prese la decisione.
Forse una rabbia antica, generazioni senza nome
che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore,
dimenticò pietà, scordò la sua bontà,
la bomba sua la macchina a vapore.

E sul binario stava la locomotiva:
la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva,
sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno
mordesse la rotaia con muscoli d'acciaio,
con forza cieca di baleno.

E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo,
pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto:
salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura,
e prima di pensare a quel che stava a fare,
il mostro divorava la pianura.

Correva l'altro treno ignaro, quasi senza fretta:
nessuno immaginava di andare verso la vendetta.
Ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno:
"Notizia di emergenza, agite con urgenza,
un pazzo si è lanciato contro il treno!"

Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva,
e sibila il vapore, sembra quasi cosa viva,
e sembra dire ai contadini curvi, il fischio che si spande in aria:
"Fratello non temere, che corro al mio dovere!
trionfi la giustizia proletaria!"


E intanto corre corre corre sempre più forte,
e corre, corre, corre, corre verso la morte,
niente ormai può trattenere l'immensa forza distruttrice,
aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto
della grande consolatrice.

La storia ci racconta come finì la corsa:
la macchina deviata lungo una linea morta.
Con l'ultimo suo grido d'animale la macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo,
lo raccolsero che ancora respirava.

Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore,
mentre fa correr via la macchina a vapore,
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva come una cosa viva,
lanciata a bomba contro l'ingiustizia!

La Locomotiva - Francesco Guccini

lunedì, maggio 19, 2008

Una giornata memorabile


Comincia così, nel primo pomeriggio di un qualsiasi 18 maggio. Ti risvegli dopo una serata poco piacevole (di cui non voglio assolutamente raccontare nulla, basta dire che Copperfield ci fa na sega), ti alzi piano piano con la testa ancora appannata, non ci pensi e cominci ad avviarti verso la cucina. Capisci che la giornata è particolare. Tua madre ti accoglie con un sorriso diverso dal solito, gorgola il caffè sulla moka con un suono più forte del desiderato. Senti il rumore delle scale, passi che si avvicinano, ti volti e realizzi che è arrivata davvero la giornata tanto sperata. Tuo padre ti guarda, ride. Anche nella sua testa c'è la tensione che sale, anche nei suoi occhi c'è l'ansia di quello che sta per arrivare. Mangi, tentando di posticipare il più possibile l'orario, per non lasciare troppi buchi in sospeso tra te e la verità. Così arrivano le 2 e sei ancora a tavola. Ti parli, cerchi di parlare d'altro, ma non è semplice, i pensieri sono sempre più catalizzati verso l'evento. Vecchi fantasmi aleggiavano nella nostra mente, orribili ricordi, terrificanti mostri riecheggiavano dal buio dell'oblio mai troppo oblio. Un amico che non c'è al momento opportuno, una sigaretta fumata nervosamente, un gelato mangiato per riempire il tempo: è così che arriva l'ora X, quella tanto agognata. Sono stati circa 110 minuti di assoluta follia, passando dalla tensione alla gioia, dal cardiopalma al delirio, dalle unghie alle lacrime. Ore 17 circa, scoppia la festa. Due persone in delirio, si abbracciano soddisfatte e brindano alla loro vittoria. Quella vittoria che per tutti questi anni era stata negata loro da eventi fuori programma, ma soprattutto dalla classica capacità di complicarsi la vita da soli, rimandando sempre "a data da decidersi".
Ho festeggiato lo scudetto dell'Inter con mio padre. Finalmente. Che bello poter dire di aver vissuto questa giornata con lui. Solo con lui, nel silenzio e nelle urla, nell'attesa e nella gioia, in tutto ciò che intorno a noi gravitava.
Nei suoi occhi vedevo la paura. Di perdere, certo. Ma da una settimana c'era la paura di dover vedere il proprio figlio allo stesso modo di 6 anni prima. In quel maledetto 5 maggio che tanto ci fa dolore a noi interelli. Ieri no, ha potuto liberare anche lui la sua tensione e poter dire, finalmente di aver visto uno scudetto insieme a suo figlio.

Campioni d'Italia



SIAMO NOI!! SIAMO NOI!! I CAMPIONI DELL'ITALIA SIAMO NOI!!!