lunedì, marzo 05, 2007

Passione....

Ieri sera ho avuto la fortuna di passare una bellissima serata in dolce compagnia e di parlare, a ruota libera, di tutto quello che ci passava per la testa. E' da un sacco di tempo che non mi sentivo così bene con una persona e ciò che mi sono reso conto è che abbiamo parlato ore, ma sarei stato lì a parlare per altrettanto tempo. Gli argomenti potrebbero essere infiniti e il non vedere la fine dei nostri possibili discorsi mi ha messo tristezza per il fatto che ormai s'era fatta l'ora tarda e subito dopo una gran felicità perchè non vedo l'ora di tornare a sentirmi così bene insieme a lei.
Tralasciando i complimenti e i dovuti ringraziamenti che preferisco fare in privato, ciò che mi ha fatto un pò pensare ieri sera e che ho ritenuto giusto mettere in parole in questo posto è un argomento sul quale due persone come io e lei abbiamo una storia molto simile, ma abbiamo seguito due percorsi totalmente differenti in reazione logica e spontanea al fatto. Parlerò in prima persona perchè qui dentro c'è posto per chi si conosce a fondo e io, in realtà, conosco a fondo solo me stesso. Forse non a fondo totalmente, ma a fondo quanto basta per scovare dentro ai meandri della mia testa e del mio pensiero.
Sono cresciuto in una famiglia in cui alcuni valori erano sacri: l'amicizia in primis. Ogni domenica partecipavo a pranzi e cene con amici dei miei genitori che manco ad un matrimonio di adesso potrei immaginare. L'ospitalità: uno dei valori su cui si basa una buona famiglia. La discussione, mai mancata e che mai mancherà. Il telegiornale e un buon quotidiano, tutti i giorni, regolare, come il caffè alla mattina appena ci si sveglia. Da qui il passo è breve: in casa mia si è sempre parlato di politica. Prima che io nascessi, quando sono nato, tuttora. Si parlava e si parla di politica. Sono cresciuto con il mito di mio padre, segretario del PCI negli anni settanta. Sono cresciuto col mito di mia madre, che in cinta di 9 mesi mi portò sotto l'ospedale di Padova ad attendere notizie su Berlinguer. Sono cresciuto coi quadri appesi alle pareti che raccontano di manifestazioni o titoloni di giornali. Sono cresciuto piegando il giornale del partito che con mia mamma andavamo a distribuire casa per casa. Sono cresciuto con le canzoni di lotta e rivolta, sono cresciuto con Nomadi, Guccini, Pietrangeli, Lolli.
Sono cresciuto e mi sono perso. A 15 anni mi sono staccato. La vita mi ha preso con sè e mi ha portato altrove. I miei continuavano a discutere, le cene e gli amici cominciavano a farsi sempre più radi, ma il telegiornale e il buon quotidiano c'erano sempre in casa. L'imborghesimento dovuto all'età ha portato la mia famiglia a passare da l'Unità a Repubblica e di conseguenza a masticare delusioni e disillusioni sull'avanzamento del mondo. Le prime canne, le prime ragazze, le prime ubriacate mi hanno portato via da questo panorama che mi si presentava in se tetro e oscuro: un paesaggio che non avresti mai voluto far tuo.
Il tempo poi è passato e io sono cambiato. Credo di poter affermare che ciò che mi ha portato a cambiare è stata l'invidia. Proprio così l'invidia. Ho passato anni a cercare di capire quale fosse realmente il mio futuro o per lo meno a capire come avrei voluto vivere. Riconosco oggi che averci pensato per così tanto tempo è forse un sinonimo di pazzia, ma sono convinto che mi ha fatto crescere, e molto. C'ho pensato e ogni volta vedevo di fronte a me persone realizzate, persone sicure di se, persone che non avevano da chiedere nulla di più alla vita. Mio padre, mia madre, i loro amici.
Si sono battuti nei loro anni per ottenere quello che volevano, mentre noi, poveri esseri, abbiamo già tutto. E io ci stavo malissimo. Non avere un motivo per lottare per qualcosa mi faceva andare fuori di testa. Ho cominciato a ragionarci, quando le prime canne ribelli se n'erano andate e le ragazze si stabilizzavano in un unico grande amore. Ho cominciato a ragionarci e lì ho cominciato il mio cambiamento.
Sono iniziate le prime discussioni vere, soprattutto a scuola. Tornavo a casa col fegato gonfio ogni pomeriggio e mia madre che mi guardava, capiva e sorrideva. Eh già, c'è passata anche lei a sentirsi dire che non si capisce un cazzo, di crescere, di svegliarsi. E' capitato anche a lei di sentirsi isolata. Ma questo isolamento ci ha dato la forza. La grande forza per andare avanti e continuare a lottare. Così da solo dovevo tenere testa ad un gruppo sostenuto di persone in classe che mi facevano sentire sempre più solo e sempre più forte. Ma la mia forza non ha mai potuto essere fisica, perchè il fisico non è mai stato un mio punto di riferimento. Sono un piccolo bastardo come direbbe qualcuno, o una carogna di sicuro, perchè ho il cuore troppo vicino al buco del culo. E se sul fisico non potevo puntare non mi restava altro che la parola.
Ecco allora il vero cambiamento, la parola, la frase, il pensiero. Ho cominciato a leggere i giornali, a leggere libri, cosa che prima non mi passava minimamente per la testa. Mi accorgevo che leggere mi aiutava poi ad esprimermi meglio quando mantenevo una discussione in classe. I giornali mi hanno insegnato che se non sai una notizia non puoi discuterne seriamente. Ho cominciato a guardare i telegiornali, ho cominciato a seguire tutti i problemi che in questo Paese e in questo mondo ci assillano. Portavo esempi e chiedevo spiegazioni in un'aula in cui calava sempre un silenzio assordante.
Ho cominciato a scrivere in terza superiore. Prima ero un ignorante. Non sapevo scrivere una frase di senso compiuto. La media dei miei temi è sempre stata 4 o 4 e mezzo. Ho dato una sterzata alla mia vita. Ma non per occuparmi di politica. Per difendermi. Quando ti trovi con le spalle al muro devi trovare un modo per uscirne. C'è chi si lascia scivolare lungo esso e si lascia scavalcare dai problemi, ignorandoli e continuando la propria vita come non ci fossero. C'è chi come me ha deciso che quei problemi erano da affrontare di petto.
E solo allora ho capito mio padre, con le sue bandiere rosse e il suo pugno al cielo. Solo allora ho capito mia madre, in prima fila in ogni manifestazione. Solo allora ho capito l'importanza di amicizia, ospitalità, discussione. Solo allora ho capito l'importanza della scuola e dell'informazione. Della cultura e del sapere. Solo allora ho scoperto la bellezza e l'importanza della politica come mezzo per raggiungere i propri obiettivi e non come peso in una famiglia in cui il dialogo non è presente perchè tutto è subordinato ad una visione politica.
Il dialogo c'è sempre stato e io non me ne sono mai accorto. A 15 anni credevo che il mio mondo fosse fatto di canne e di musica. Di amici, alcool e festa. E invece non è così. 7 anni dopo le canne aiutano a divertirsi, l'alcool a dimenticare una brutta giornata, gli amici sono parte integrante della propria vita, ma ciò che conta di più in questo momento sono i propri desideri. Il raggiungerli, come si vuole raggiungere la fine di un tunnel buio. E la politica come metafora di raggiungimento di essi.
Politica significa lottare per qualcosa che magari sai essere irraggiungibile. Significa lottare per una idea, confrontandoti con un mondo che spesso (non sempre purtroppo) riesce a portarti altre idee per migliorare le tue. Significa battere i pugni e la propria testa contro cose che non avresti mai voluto. Significa crescere e credere che il mondo, anche grazie a te, è migliorato un pò. Politica significa realizzare i propri desideri e le proprie idee. Significa essere un pò differenti dal gregge. Dalla massa. Dalle pecore. Significa passione.
Tutto questo è quello che ha significato e significa per me. Un modo di vivere, un interessamento costante. In altre parole: un modo per crescere.

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