giovedì, agosto 16, 2007

Amico fragile

Mi piacerebbe, per ogni idea che ho in testa, per ogni sensazione che provo, per ogni umore che accompagna la mia giornata riuscire a trovare la canzone più adatta, quella che descrive meglio quel sentimento, quell’emozione, quella che parla di quel momento che sto vivendo. Mi rendo conto che non ce la faccio e che non ho una cultura tale da potermi permettere una simile operazione. Ma mi piacerebbe.
Ieri, ferragosto 2007, un’altra grandissima giornata con lei e quasi tutti i nostri amici. Un pò di pallone, un pò di riposo e tanto, tantissimo divertimento. Senza pensieri, per il giorno che ha definitivamente sancito la fine delle mie ferie. Non riesco a trovare una canzone che mi rappresenti in questo momento, non so se nemmeno nessuno ha mai scritto una canzone su questo stato di smarrimento che mi affligge da quando ho preso a solcare le strade che mi portavano in quest’ufficio. Allora cerco di fare mia una canzone simbolo di uno stato di fragilità, scritta da uno dei maggiori poeti contemporanei, Fabrizio De Andrè, pervaso anche lui, durante una serata con amici, da quello stato di malessere mentale e fisico dal quale sai che ti sbloccherai, ma che in quel momento non hai idea di quando ciò potrà accadere.
Sembra che nessun’altra canzone potesse essere scelta in maniera migliore, questa notte, per congedarci dal gruppo e per anticipare, seppure inconsciamente, quell’ovosodo che mi trovo nello stomaco. Un pensiero pensante, quasi cattivo, entrato nelle prime ore del mattino e che ora non va nè su nè giù. Nè su, ne giù.

Amico Fragile – Fabrizio De Andrè

Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d'attenzione e d'amore
troppo, "Se mi vuoi bene piangi "
per essere corrisposti,
valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo "Mi ricordo":
per osservarvi affittare un chilo d'era
ai contadini in pensione e alle loro donne
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità:
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi,
ero molto più curioso di voi.

E poi sorpreso dai vostri "Come sta"
meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci,
tipo "Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te"
"Lo sa che io ho perduto due figli"
"Signora lei è una donna piuttosto distratta."
E ancora ucciso dalla vostra cortesia
nell'ora in cui un mio sogno
ballerina di seconda fila,
agitava per chissà quale avvenire
il suo presente di seni enormi
e il suo cesareo fresco,
pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra.

E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci,
mi sentivo meno stanco di voi
ero molto meno stanco di voi.

Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
fino a farle spalancarsi la bocca.
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
di parlare ancora male e ad alta voce di me.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
con una scatola di legno che dicesse perderemo.
Potevo chiedere come si chiama il vostro cane
Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero.
Potevo assumere un cannibale al giorno
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
Potevo attraversare litri e litri di corallo
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.

E mai che mi sia venuto in mente,
di essere più ubriaco di voi
di essere molto più ubriaco di voi.

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